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UIL dal sindacato dei cittadini al sindacato delle persone. Una riflessione di Antonio Macchia

Dal sindacato dei cittadini al sindacato delle persone

Nel corso del XVIII Congresso della U.I.L. a Bologna, dal 13 al 15 ottobre 2022, il segretario generale Pierpaolo Bombardieri motivò nella sua relazione il passaggio del sindacato da sindacato dei cittadini, ovvero al servizio dei cittadini, a sindacato delle persone al servizio delle persone. Nell’operare questa svolta egli in sostanza ha voluto riconoscere la centralità della persona nel nostro sindacato e in tal modo riconoscere che è la dignità della persona “elemento di riscatto applicato al lavoro”, ribaltando il concetto secondo cui è la nobiltà del lavoro a dare dignità alla persona; in tal senso è stato esplicito esordendo nella relazione:” partiamo dal lavoro, dalla dignità della persona che determina la dignità del lavoro”.

A questo punto importa chiederci, se si tratta di un mero aggiornamento, quanto meno cosi come conseguito leggendo i passi pertinenti della relazione del segretario generale, oppure, il nostro sindacato acquisisce maggior valore e rilevanza, assumendo propria la centralità della persona.

In questo ultimo significativo caso la risposta alla domanda risiede nella nozione di “persona”, anticipando che questa nozione si è venuta sempre più arricchendo di sensi e di valori nel corso dei secoli, perciò, è ora opportuno per quanto possibile interpellarla.

Non possiamo dimenticare, tuttavia, che il nostro sindacato è del tutto ispirato ai principi fondamentali della nostra Costituzione, per la quale all’art.1 è sancito che la nostra Repubblica democratica è “fondata sul lavoro” ed è il “lavoro” inteso dal nostro stesso essere sindacato.

Nei 54 articoli, che costituiscono i principi fondamentali della Costituzione il termine “lavoratore” è citato nove volte, mentre il termine “cittadini” venti volte e per essi sono delineati tutti i diritti, di cui sono titolari e da tutelare a cura della Repubblica, e per quando ci compete nelle legali e rituali forme dovute a cura del sindacato, secondo gli art.39 e 40.

Questi diritti rientrano tutti nella sfera “naturale dell’uomo” e nella sfera giuridica del “cittadino”, tutti ben principiati dal Costituente; il termine “persona” compare nell’art.3 c.2, il quale attiene al “….rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”: appare lampante che qui con l’affermazione di ostacoli limitativi possibili dei diritti di libertà e di uguaglianza si va oltre la nozione di cittadino, in quanto la rimozione concerne tutti gli ostacoli, i quali mettono in crisi la persona nella piena completezza del suo sviluppo. Di questo sviluppo e per questo sviluppo è elemento essenziale innegabile per la persona la libertà, che perciò è “inviolabile”: violare la libertà della persona è negare la persona stessa, renderne impossibile “il pieno sviluppo” e in merito l’art 13 è chiaro: “la libertà personale è inviolabile”; anzi vi è di più, al penultimo comma la tutela della persona raggiunge il massimo:” È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizione di libertà”.

Abbiamo incontrato fino ad ora due volte nei 54 articoli il termine “persona”, in alcuni casi compare l’aggettivo “personale”. Il termine compare ancora all’art.32, per evidenziare all’ultimo comma il “rispetto” dovuto alla “persona umana” e qui, si badi che il termine “rispetto” è un termine che rientra nella sfera etica e ciò significa che nella nozione di “persona”, oltre alla sfera giuridica, propria dei diritti naturali e dei diritti civili, civici e politici rientra la dimensione etica a determinare il suo “pieno sviluppo”, come meglio vedremo in seguito. Intanto, è giusto evidenziare che, a distanza di tanti anni dall’entrata in vigore della Costituzione, 1° gennaio 1948, alle tre volte citate il termine, con la riforma del 2001 del Titolo V della Costituzione, ricompare nell’espressione “effettivo esercizio dei diritti della persona”, quando assegna il legislatore “risorse aggiuntive “ai comuni, alle province, alle città metropolitane e alle regioni (art. 119), mentre con l’art. 120 assicura alle persone la libera circolazione.

Prima di procedere nell’indagine relativa alla nozione di persona, occorre distinguerla dal termine “individuo”, anche se, talora, i termini finiscono d’uso promiscuo.

Ci facciamo soccorrere ancora dalla nostra Costituzione, in cui il termine compare una sola volta, leggendo l’art.32 c.1: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Vuol dire che è nell’interesse di tutti, della collettività, in cui l’individuo vive, il doversi tutelare la salute, curandosi, perché non comprometta l’altrui salute; dunque, l’individuo esprime la singola soggettività, la singolarità; non diversamente l’art.19 sancisce il diritto di professare la propria fede religiosa, consentita “in qualsiasi forma, individuale o associata”, ad attestare il diritto di ciascuno, del singolo, di manifestare il proprio credo religioso.

A questo punto allarghiamo la nostra visione sulla persona dalla nostra Costituzione ad altrettanti autorevoli atti di rilevanza universale.

Mettiamo subito in luce che il termine “persona” è l’affermazione della concezione dell’essere umano come essere dotato di “dignità”, così come via via il termine è stato approfondito nella storia della filosofia, come meglio diremo.

È in questo senso che la “Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo” ci fa incontrare l’uomo quale “persona”; detta Dichiarazione fu adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nella seduta plenaria del 10 dicembre 1948, risoluzione 217 A con otto astensioni.

La Dichiarazione si compone di un “Preambolo” e di 30 articoli, dei quali il primo ci indica la persona quale l’essere umano che nasce libero ed eguale in dignità e in diritto, dotato di ragione e di coscienza,” agendo verso l’altro in spirito di fratellanza”.

I successivi articoli, dal 2 al 6, dall’8 al 15, dal 17 al 20, elencano i diritti di cui è titolare “ogni individuo” e, quindi, anche il termine “individuo” ci indica la persona; è significativo l’art.3:” Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona”.

Nel mondo, purtroppo, la persona non è esente da minacce e da condizioni di vita, le quali l’abbiano ridotta in istato di schiavitù e contro questa degradazione non è mancata l’alta voce dell’Assemblea delle Nazioni Unite, la quale con la “risoluzione” del 9 dicembre 1975 n. 3452, ha elaborato la “Dichiarazione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli o degradanti”.

Sono meritori due articoli, esattamente l’art.4 e l’art.5, i quali entrambi si riprendono:” Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto medesima forma” (la schiavitù, è bene ribadire, è la condizione in cui un essere umano viene tenuto da un altro nella qualità di “cosa”, di cui può disporre a piacimento, non escluso il potere di vita o di morte).

A questo proposito mi sorprendono per la loro attualità le parole che nella quarantasettesima lettera delle “Lettere morali a Lucilio” Seneca pronuncia:” Usami la cortesia di considerare che costui, che chiami tuo schiavo, è nato dalla stessa umana semenza, gode dello stesso cielo, respira esattamente come te, vive né più né meno come te, muore al tuo stesso modo”. Per Seneca il problema degli schiavi è un “tema di vasta portata” ma non ha remore nello ammettere che verso di loro “siamo estremamente superbi, crudeli, oltraggiosi” e la conclusione è sorprendente:” Vivi con il tuo servo mostrando la massima comprensione, rendilo partecipe delle tue decisioni, vivi con lui”.

Esplicito riferimento alla “persona” contiene il “Preambolo” del“ Patto Internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali”, patto rientrante nei “Patti Internazionali dei diritti umani”, adottati il 16 dicembre 1966 con risoluzione 2200 A in seduta plenaria delle Nazioni Unite, laddove si riconoscono i diritti, che “ derivano” dalla dignità  della persona umana, così come merita citazione  dal “ Patto Internazionale relativo ai diritti civili e politici” l’esordio dell’art 9, che recita :” Ogni individuo ha diritto alla libertà e alla sicurezza della propria persona” :  è lo stesso testo in sostanza dell’art. 3 della “Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo”.

Non si è più persona, se si è privi della sicurezza e della libertà, se si rinuncia o se deprivati, e su questo punto ha ragione Rousseau:” È la libertà l’unica possibilità della persona autodeterminarsi cosciente”.

Avendo citato questo grande filosofo, a grandi linee operiamo una ricognizione sull’evoluzione della nozione “persona” maturata dalle concezioni, in primis, della filosofia, che l’hanno elaborata, insomma, interpelliamo i filosofi.

Il termine “persona” ha la sua genesi etimologica nella lingua etrusca è il “personaggio mascherato”, così come abbiamo dedotto dalle iscrizioni tombali, diventa “maschera” latina, usata dagli attori nei suoi spettacoli, per, poi, acquistare un significato filosofico in greco, ad indicare “la singolarità” di ogni individuo della specie umana contrapposta alla “natura umana”.

Interprete in tale verso fu per primo il filosofo greco dello Storicismo Panezio di Rodi (185-109 a.C.): ogni uomo ha la “maschera”, la “sua faccia”, con cui convive con gli altri esseri umani, tutti eguali fra loro con gli stessi obblighi.

Gli si riferisce a Roma Cicerone che usa il termine “personis”, alludendone a due caratteri, la dotazione comune della ragione, eccellenza posseduta che ci distingue dalle bestie e si rivela onestà e decoro, donde “la scoperta del dovere”, il secondo carattere consiste in ciò che di singolare proprio la natura ha dato a ciascuna persona. Un terzo carattere è individuato nel nostro libero pensare.

Con il cristianesimo la parola “persona” compare nel versetto 11 della seconda lettera ai Corinzi di san Paolo, infatti, leggiamo:” Grazie alla vostra cooperazione nella preghiera per noi, affinché per il favore divino ottenutoci da molte persone, siano rese grazie per noi da parte di molti”.

Nei primi secoli con e fra le dispute cristologiche il termine fa il suo ingresso nelle verità di fede, la Trinità è Dio in Uno e in Tre Persone. Nel secondo secolo d. C. con Tertulliano si distingue la realtà del Figlio, del Padre e dello Spirito Santo, ciascuna Persona, di riflesso la persona umana è sostanzialmente un essere indipendente e un essere intelligente.

Con san Tommaso il termine si evolve e la persona ha la proprietà d’essere individualità, che significa l’indistinto in sé stesso e distinto dagli altri, è razionalità. L’evoluzione operata da san Tommaso seguita arricchendo la nozione di persona, evidenziandola uomo per natura animale sociale politico, il quale grazie alla ragione con le sue azioni si procura il necessario per vivere, ma, avendo bisogno degli altri, a tal fine favorisce il formarsi di organizzazioni, la famiglia, i gruppi sociali, insomma nasce e si costituisce la società e ne diviene protagonista e parte. Con solide argomentazioni e formulazioni originali egli ha perfezionato la nozione di essere umano di Aristotele, per il quale per natura l’uomo è “animale razionale”, “animale politico”, contrapposto allo schiavo, che è “oggetto animato”, totalmente rientrante nel patrimonio oggettivo, nei beni dello “animale razionale”.

Il dibattito sulla “persona” si amplia, complicandosi, coinvolgendo, bioetica, fisiologia, antropologia, psicologia, altre branche scientifiche, si istituisce una corrente filosofica di spicco, denominata “personalismo” con molti assertori.

Possiamo sostenere che nella storia della filosofia sono state elaborate varie concezioni sulla persona come essere cosciente interagente con altri esseri pensanti in modo razionale, essere umano che intende e vuole; con Kant la persona è considerata nella sfera dell’etica; famoso è l’imperativo etico consono al nostro argomentare:” Agisci in modo da trattare l’umanità, così nella tua come nella persona di ogni altro, sempre contemporaneamente come fine e non mai come mezzo”.

Dirà Hegel:” Sei persona e rispetta gli altri come persona”.

A questo punto della persona sono emerse in dotazione la sua dimensione etica e la sua sfera giuridica, vedi l’art. 1 della Dichiarazione Universale del 1948, la persona quale individuo cosciente di sé, auto riconoscentesi, titolare di diritti.

Dotato di propria identità, individuale e autentica, la persona è ogni essere umano, il cui valore consiste nel semplice fatto di esistere e ad essa è connaturata la dignità, in virtù della quale la persona deve rispetto a sé stessa e contemporaneamente deve rispettare l’altro.

Si è “persona” per il semplice fatto di esistere, è la “nobiltà ontologica” dei filosofi. È, allora, motivato affermare che lo sviluppo, il progresso sociale “si fondono sul rispetto della dignità della persona”, accogliendo così l’art.2 della “Dichiarazione sul progresso e lo sviluppo nel campo sociale”, adottata dalla Assemblea delle Nazioni Unite in seduta plenaria con risoluzione 2542, l’11 dicembre 1969.

Sulla nozione di dignità, acquisita dalla cultura e dalla sensibilità corrente, possiamo affermare che la dignità è propria di ogni persona, essa spetta “al singolo, indipendentemente da ogni altra condizione vissuta, è il diritto del minorato, del delinquente, della persona comunemente ritenuta ‘abietta’”. “Conserva dignità ogni persona indipendentemente dal fatto di essere nel ‘giusto’ o nello ‘ ingiusto ‘”.

Se questa è la persona della nostra civiltà, non potremmo mai accettare, così come evinciamo dallo “Statuto fondamentale del Regno di Sardegna” del 4 marzo1948, che, stando all’art. 4, “ La persona del Re è sacra e inviolabile”, ovvero che l’unico degno di essere detta persona sia il Re, mentre tutti gli altri, noi, stando all’art. 24 saremmo  “regnicoli”; certo, anche la Costituzione della Norvegia, modificata il 25 maggio 1905, all’art. 5 recita che” La persona del Re è sacra”, ma i norvegesi sono un popolo civilissimo, beneficiari di tutti i diritti, né sussistono privilegi di casta o il valore di titoli di nobiltà, che, al suo costituirsi, ad esempio, la Repubblica romana del 7 luglio 1849 disconobbe e la dignità della persona fu riconosciuta al punto che la sua Costituzione all’art.4 c.2 sancì che “Nessuno può essere carcerato per debiti”.

La nostra idea di persona coincide con l’art.1 della “Costituzione della Repubblica Federale tedesca”:” La dignità dell’uomo è intangibile” e all’art.2 c.2:” La libertà della persona è inviolabile”.

Questa è la persona del nostro sindacato, la persona con i suoi sacrosanti diritti, a partire dal diritto al lavoro, che tutte le Costituzioni prescrivono non debba essere “lavoro forzato, cui si sia costretti.  Quale sindacato del rispetto e della protezione della dignità umana, con la “Costituzione della Grecia” dell’11 giugno 1975 conveniamo  con l’art.7 c.2 nel condannare “le torture, le sevizie temporali, ogni attentato alla salute, ogni pressione psicologica e ogni altro attentato alla dignità umana”, e di più, all’art.22 c. 3 leggiamo:” Ogni genere di lavoro obbligatorio è vietato” e questo “divieto di lavoro forzato”.

Due Costituzioni si pronunciano, poi, arricchendo il concetto di dignità umana o quanto meno specificando con chiarezza che alla dignità della persona sono “connaturati” i diritti inviolabili; si tratta della “ Costituzione della Spagna”, in vigore dal 29 dicembre 1978, art. 10 c.1 e della “ Costituzione della Repubblica del Senegal” del 22 gennaio 2001, il cui “Preambolo” è significativo:” La Construction nationale repose sur la liberté individuelle et le respect de la personne humaine, sources de créativité”. Abbiamo voluto riportare questo testo di una repubblica africana non tanto e non solo per l’adozione soggettiva della “persona”, quanto per l’attribuzione di essere “sorgente di creatività”, e, ovviamente, l’art. 7 la definisce “sacra e inviolabile”.

Crediamo giusto e importante lasciare per ultima “La Costituzione della Repubblica Sudafricana” per le ragioni facilmente comprensibili con approfondimenti giustificati.

Questa “Costituzione” è stata adottata l’8 maggio 1996 e emendata l’11 ottobre 1996, nata dalle ceneri dell’odiosa apartheid, su cui spendiamo poche parole.

L’apartheid è stato argomento del “Proclama di Teheran”, 13 maggio 1968, da parte di 84 delegazioni nazionali; il proclama ha valore unicamente programmatico, per quanto sia stringente l’art. 7:” Le gravi violazioni dei diritti dell’uomo commesse nel quadro della odiosa pratica d’apartheid preoccupano profondamente l’umanità internazionale. Questa pratica della apartheid condannata come un crimine contro l’umanità continua a turbare seriamente la pace e la sicurezza nazionale”.

La condanna dell’apartheid del sindacato U.I.L, che ha assunto la centralità della persona è ferma; perciò non possiamo che attribuire il maggior merito e, soprattutto, impegno nella lotta contro la violenza e la segregazione razziale, per anni incarcerato, a Nelson Rolihlahla Mandela, nato a Mvezo il 18 luglio 1913 e morto a Johannesburg il 5 novembre 2013, ed è grazie a questa figura gigantesca della storia della libertà  che la “ Costituzione” può vantare principi indelebili fin da un “Preambolo” che esordisce:” Noi popolo del Sudafrica riconosciamo le ingiustizie del nostro passato, onoriamo coloro che hanno sofferto per la giustizia e per la libertà della nostra terra…., crediamo che il Sudafrica appartenga a tutti coloro che vivono uniti nella diversità”.

La U.I.L., parimenti, è contro ogni diversità, noi siamo per l’accoglienza, soprattutto per chi scappa da zone di guerre intestine e dalla miseria, uomini e donne, persone, cui riconosciamo ogni diritto, a partire dal diritto alla vita, alla salute, all’istruzione per i minori; in tal modo ossequiamo il valore “della dignità umana, sul perseguimento dell’uguaglianza e l’avanzamento dei diritti umani e della libertà”.

Non ci addentriamo ulteriormente sul riconoscimento della dignità della persona da parte delle “Costituzioni”, le quali effettivamente la pongono nel novero dei loro principi fondamentali, ma non possiamo chiederci che ne è della persona per la nostra “Unione Europea”, constatando che anch’essa ha prodotto un importante documento: si tratta della “Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea”, approvata a Nizza il 18 dicembre 2000 in ben 54 articoli.

A noi, sintetizzando, interessa del “Preambolo” proprio il primo comma per la pertinenza a questa nostra riflessione:” L’Unione si fonda sui valori indivisibili e universali di dignità umana, di libertà, di eguaglianza e di solidarietà; l’Unione si basa sui principi di democrazia e dello stato di diritto”, per, poi, giungere al nocciolo, che è dato dalla decisione dell’Unione di “ porre al centro della sua azione” la persona, in tal modo “ istituendo la cittadinanza dell’Unione e creando uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia”.

Abbiamo percorso un tratto di strada della nostra civiltà, per accogliere “la persona”, con la sua dignità, con i diritti.

Se questa è la persona, che noi abbiamo posto al centro, abbiamo l’impressione che, indipendentemente dalla attuale contingenza di rapporti precari con il governo, anche allargandoli agli esponenti dei vari partiti, in generale intendendo, manchi in loro, non cogliamo in loro il sentimento, il tangibile senso interiore di solidarietà, di sprone al dovere di fare presto, perché si migliorino le condizioni sociali della persona, allertate dall’urgenza. E se ci impressiona ciò, gli è che propriamente noi del sindacato

U.I.L. avvertiamo concretamente, quasi sulla nostra pelle senza esagerare, le sofferenze patite quotidianamente dalle persone, le quali, poi, nel patirle, si sentono impotenti e in abbandono. La carenza di questo sentimento, del senso di solidarietà di induzione al fare presto ci fa attestare la crisi, se non lo stato di totale oblio, in cui sono stati relegati il valore e la dignità della persona.

A voler essere indulgenti e giustificativi, è probabile che la politica non riesca più a badare alla persona con le sue umane esigenze, indotta dalla costrizione al volere e al dovere di assecondare e risolvere gli squilibri contabili, in cui, invero, non soltanto il nostro Paese, l’intera Unione Europea è cascata, quantunque il sindacato abbia elaborato una meritoria onnicomprensiva piattaforma organica sulla questione sociale, sul welfare. Non c’è più la persona, ci sono i numeri, che devono essere inquadrati in politiche di bilancio, interessate piuttosto a consentire acquisizioni di consenso ai governi di turno e ai partiti sostenitori. E la ricerca del consenso, poiché esito del favore elargito a definite fasce sociali, allargano le maglie delle diseguaglianze sociali, si dà di più a chi ha, a quei ricchi che si sentono poveri perché vogliono di più, e a tale fine  si toglie si toglie a chi ha di meno, pur sempre nella quadratura dei conti pubblici da strutturare; due esempi sono classici e ricorrenti, da un lato, si sbilancia verso il basso il contenimento previdenziale, riducendo di fatto il potere di acquisto delle pensioni a fronte del lievitare dei costi dei servizi e dei generi di prima necessità, ed è qui, in questa operazione di depauperamento che vengono deprezzati il valore e la dignità della persona, ridimensionata ad entità numerica e contabile; dall’altro, è cristallizzato un sistema fiscale, per il quale la politica non adotta regole precise di controllo dinanzi ad un’evasione via via crescente e ostenta l’incapacità di analizzarla con idonea metodologia di quantificazione dei profitti, anzi, talora, si esemplifica con frequenti ricorsi a condoni, il cui beneficiario è persona senza dignità, ma elemento soggettivo del consenso di chi governa.

Non è questa la persona concepita dal nostro sindacato.

Per noi la persona è colei che rispetta le regole; è la persona, cui serbiamo quel sentimento che ci rende consapevoli partecipi della menomazione della loro dignità umana a causa della sua esclusione dal mondo del lavoro.

E’ questa la persona che accede ai  nostri uffici, agli uffici del sindacato U.I.L., portatrice ansiosa di bisogni, i quali altro non sono che sacrosanti diritti; sono persone, dunque, alle quali abbiamo riconosciuto e riconosciamo il diritto al lavoro, alla salute, alla pensione, il diritto a tutti quei “ mezzi adeguati alle loro esigente di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria” e sono i diritti della persona, la cui sfera etica è ricchezza di moralità, onore, decoro, rispetto.

Questa persona, che incontriamo per istrada, confidandoci le sue preoccupazioni, questa persona che trafelata e gravida dalle incombenti necessità giunge nei nostri uffici, giunge da noi, il sindacato delle persone, dobbiamo accogliere fraternamente con il sorriso e non con una, ma con due sensibili strette di mano.

 

13 dicembre 2023                                  Antonio Macchia

 

 

 

 

 

 

 

 

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