Nei titoli dei temi di questo convegno viene individuato un aspetto fondamentale “La società invecchia, i bisogni cambiano, la politica non coglie l’urgenza” In questa frase sono comprese tutte le problematiche che ne conseguono tra le quali anche quella drammatica della non autosufficienza.
Appurato che la nostra società invecchia velocemente occorre preliminarmente ribadire un grande principio civile e sociale e cioè che gli anziani e le persone più fragili non sono e non devono essere considerati solo come un peso ed un costo per la società o un problema da lasciare per la maggior parte in carico alle famiglie Occorre affermare con forza il diritto degli anziani e delle loro famiglie ad avere tutto il supporto necessario per una vecchiaia dignitosa, non penalizzante e traumatica.
E questo soprattutto se si considera che secondo i dati ISTAT solo in Lombardia tra il 2018 e il 2040 gli ultrasessantacinquenni aumenteranno di oltre il 40% e che nel solo territorio Comasco nel 2018 gli ultra sessantacinquenni erano già oltre il 22%.
E quando l’invecchiamento sfocia in una situazione di non autosufficienza allora la situazione diventa drammatica sia per le persone che per le loro famiglie. Chi ha avuto occasione di vivere da vicino situazioni di non autosufficienza ben conosce le enormi difficoltà che devono essere affrontate giornalmente dalla persona e dalla famiglia. Può essere una esperienza devastante nella quale giocano ruoli determinanti la capacità economica del soggetto e della famiglia di sopportare le spese necessarie, la disponibilità dei familiari per garantire la necessaria assistenza, lo spazio dell’abitazione in cui accogliere il soggetto debole, la diversità di assistenza e sostegno offerte dalle leggi delle varie regioni, l’esistenza di assicurazioni private. Una situazione disomogenea che alimenta le disuguaglianze e che reclama con urgenza l’approvazione di una legge nazionale sulla non autosufficienza.
Occorre un nuovo approccio culturale che metta al centro del sistema non solo la malattia quanto piuttosto la persona e il suo progetto di cura e di vita nel complesso, tenendo cioè conto tanto dell’aspetto clinico tanto del contesto economico, ambientale, familiare, in cui si colloca il paziente non autosufficiente. Un approccio che metta a fattore comune l’attività e l’esperienza di tutti i soggetti coinvolti, (la famiglia, i servizi sanitari e sociali, i professionisti, le strutture sanitarie) per addivenire alla costruzione di percorsi diagnostico-terapeutici-assistenziali personalizzati e dinamici in una logica di accompagnamento e non solo di cura.
Non solo offrire prestazioni preconfezionate ma porre al centro dell’attenzione le esigenze delle persone non autosufficienti per offrire ad esse l’opportunità di vivere nel modo più consapevole, attivo e partecipe possibile. La persona e non solo la malattia al centro del problema.
Occorre quindi una legge che affronti nella sua complessità il fenomeno della non autosufficienza non solo attraverso il sostegno alle famiglie ma anche con una rete integrata di servizi e interventi che abbracciano nella complessità la situazione clinica e personale del soggetto interessato.
Una risposta che deve passare attraverso il potenziamento e lo sviluppo dei servizi sul territorio a sostegno della famiglia e del soggetto non autosufficiente. Non più solo i servizi di assistenza domiciliare offerti oggi ma un vero e proprio piano integrato di interventi e servizi calibrati sulle necessità individuali che comprenda anche aiuto domestico familiare, assistenza economica, adeguamento delle condizioni abitative, sostegno alla mobilità. Un piano articolato, flessibile che assicuri omogeneità in tutto il Paese e garantisca parità di diritti e di sostegno a tutti i cittadini. Una legge in cui si metta in condizione la famiglia di decidere con serenità se mantenere la persona non autosufficiente in famiglia oppure se ricoverarla in una RSA.
Non è accettabile che diverse persone non autosufficienti che potrebbero essere gestite all’interno del nucleo familiare vengano ricoverate in una RSA solo per il fatto che la famiglia non ha gli strumenti, la capacità economica, gli spazi e gli aiuti necessari per poter gestire il proprio caro in famiglia.
Le stragi nelle RSA collegate al COVID hanno riportato l’attenzione anche su queste strutture, sulle loro criticità e sul loro aspetto organizzativo e funzionale. In Europa si discute molto sulle RSA a partire dalle loro dimensioni e dalla collocazione geografica e sul fatto che devono differenziarsi di più dall’immagine dell’ospedale. Oggi in Lombardia esistono 635 RSA private con oltre 51.000 posti letto e 59 RSA pubbliche con circa 5.800 posti letto. Strutture alle quali ci si rivolge per ricevere assistenza al finire della vita. Occorrerà discutere anche su queste strutture, affinché possano diventare non solo un luogo di ricovero sanitario che conduce amaramente al termine della vita, ma anche un luogo in cui la persona anziana possa decidere di vivere, in alternativa alla propria abitazione, pienamente e dignitosamente la sua vecchiaia.
Di fronte all’evidente difficoltà dello stato e delle famiglie nel sostenere le spese relative al welfare ed alla non autosufficienza occorrerà anche discutere su come incentivare da parte delle persone non ancora anziane un risparmio di lungo periodo specificatamente dedicato alla tutela della non autosufficienza. Sarà quindi necessario definire nuovi modelli di assistenza che consentano di intercettare adeguatamente i nuovi bisogni delle persone attraverso anche forme di collaborazione pubblico/privato in particolar modo con soggetti istituzionali (Fondi sanitari, fondi pensione casse di previdenza private ecc) che consentano di canalizzare le risorse disponibili in forme efficienti di copertura che garantiscano le persone nella loro vecchiaia senza porre limiti di età, visto che oggi quelle poche che esistono si fermano ai 75 anni. Non sarebbe male quindi che in tutti i contratti di lavoro si preveda lo sviluppo di forme di Welfare aziendali che contribuiscano all’assistenza sanitaria e sostengano i casi di non autosufficienza prevedendo anche assistenza a lungo termine.
La tutela della non autosufficienza deve quindi rappresentare una priorità per il nostro paese se non vogliamo che sfoci in una vera e propria emergenza sociale.