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Novembre 18, 2024
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Siamo contro la riforma Salvini del codice della strada perché ci sono troppi morti

Ieri si è svolto un presidio a Roma in occasione della Giornata Mondiale in memoria delle Vittime sulla Strada, insieme a flash mob in diverse città italiane.

Contro la riforma Salvini del codice della strada, forte con i deboli e debole con i forti: allenta le regole e i controlli per auto e camion
mentre toglie spazi sicuri a pedoni e ciclisti, peggiora la sicurezza per tutti gli utenti della strada, attacca la mobilità sostenibile e toglie autonomia alle città. Ma anche contro la Legge di bilancio 2025, che taglia 154 milioni di investimenti su sicurezza stradale e mobilità sostenibile.
La prossima settimana, proprio in concomitanza della Giornata Mondiale in memoria delle Vittime sulla strada, è previsto il voto finale al Senato sulla riforma del codice della strada, voluta e blindata nel testo approvato alla Camera dal Ministro dei trasporti Salvini. Le associazioni italiane dei familiari delle vittime sulla strada, insieme alle associazioni ambientaliste e per la mobilità sostenibile e alle organizzazioni sindacali, che già da mesi lo hanno contrastato e bollato come “codice della strage”, lanciano perciò una nuova fase di mobilitazione, con un presidio di ieri a Roma e flash mob in diverse città, dal nord al sud dell’Italia, fino a martedì 19 novembre.
Lo sfregio ai familiari delle vittime di violenza stradale è doppio e inaccettabile. Dopo mesi di impegno e ore di audizioni parlamentari, nessuna delle richieste e degli emendamenti che tutte le più importanti associazioni familiari vittime avevano presentato lo scorso aprile con una lettera unitaria è stata accolta, nonostante quanto continua ad affermare il Ministro: c’è una bella differenza tra far parlare e ascoltare. Per di più, l’approvazione della legge è stata calendarizzata in aula tra il 19 e il 21 novembre, a ridosso della Giornata Mondiale in memoria delle Vittime sulla Strada”, che quest’anno si celebra domenica 17.
L’impianto della riforma è molto chiaro: debole con i forti, dando maggiore libertà di circolare ai veicoli a motore, i cui guidatori secondo i dati Istat causano il 94% degli incidenti e il 98% dei morti, e forte coi deboli, restringendo viceversa le misure in favore di pedoni, ciclisti, bambini e persone anziane, che sono la maggior parte delle vittime nelle città. E’ una riforma pericolosa: ad esempio, limita gli autovelox invece che la velocità, che è la prima causa delle collisioni con morti o feriti gravi; vieta controlli automatici sulla guida distratta al cellulare, che è fra i primi fattori di incidentalità; introduce una sola multa per più infrazioni, incentivando la violazione delle regole. È una riforma dannosa: rende più difficile creare o proteggere aree pedonali, piste e corsie ciclabili, zone a traffico limitato e a basse emissioni, fondamentali per la tutela dell’incolumità e della salute delle persone nelle città; e limita l’azione dei Comuni sottoponendoli a decreti ministeriali. In questo modo, la riforma ostacola la prevenzione aumentando anziché abbassare il conflitto e la violenza stradali, che già paghiamo con più di 3.000 morti e 200.000 feriti ogni anno. Riporta l’Italia indietro di 40 anni su mobilità sostenibile e sicurezza stradale, riducendo il livello di tutela della vita umana sulla strada, a danno di tutti, con qualsiasi mezzo di trasporto si muovano. Ci allontana ancora di più dal resto dell’Europa, dove già siamo al 19° posto su 27 per tasso di mortalità, andando in direzione opposta alle riforme grazie a cui gli altri Paesi lo hanno invece ridotto con successo. Non solo norme peggiori, ma anche meno fondi per la sicurezza stradale. Alla riforma del codice si aggiungono, infatti, i pesanti tagli della Legge di bilancio 2025, che: riduce la spesa per la sicurezza stradale (-4,6 milioni € per interventi di sicurezza stradale e per l’educazione stradale, nella “spending review” del Ministero dei trasporti); azzera gli investimenti per la ciclabilità (-47 milioni € per le piste ciclabili urbane e -31,9 milioni € per le ciclovieturistiche); definanzia il capitolo “mobilità sostenibile e sicurezza stradale” del Fondo per lo sviluppo infrastrutturale del Paese (-70,3 milioni €); non prevede nessuno stanziamento per l’attuazione del Piano Nazionale della Sicurezza Stradale 2030, che vale 1,4 miliardi di euro.
Per tutti questi motivi, la piattaforma “Stop al #codicedellastrage” (a cui aderiscono le principali associazioni italiane dei familiari delle vittime sulla strada, ambientaliste e per la mobilità sostenibile) – che nell’ultimo anno ha promosso senza sosta un video-appello alla
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