CONSIGLIO NAZIONALE UIL PENSIONATI
ROMA, 7 NOVEMBRE 2024
Relazione del Segretario generale Carmelo Barbagallo
Buongiorno a tutte e a tutti. Come avrete sicuramente letto in questi giorni, la Legge di Bilancio che si preparano a approvare sarà lacrime e sangue. Non solo per la questione delle pensioni minime, che aumentano di 10 centesimi al giorno e sulla quale ribadisco il mio “NO COMMENT” ma anche su tutti gli altri temi che ci interessano, che di certo non se la passano meglio.
È vero, pare che quest’anno per la rivalutazione delle pensioni (che ricordiamo non è un aumento ma un parziale adeguamento all’inflazione dell’anno precedente) si ritorna al cosiddetto ‘Meccanismo Prodi/Draghi’ ossia per scaglioni e non per importi complessivi, ma il recupero è veramente irrisorio. I pensionati per anni sono stati trattati come un bancomat. È ora di invertire questa impostazione. Oltretutto, la manovra dispone il blocco completo della rivalutazione ai pensionati residente all’estero. Un’ingiustizia per noi inaccettabile.
In questi anni i pensionati hanno perso tantissimi soldi a causa del blocco ultradecennale della rivalutazione, soprattutto nell’ultimo triennio con un altissimo tasso di inflazione.
La perdita di questo montante costituisce un danno permanente che come Uilp abbiamo ripetutamente chiesto di colmare.
A questo proposito mi preme fare qualche aggiornamento sulle cinque cause pilota di nostri iscritti, che abbiamo promosso come Uilp contro i tagli alla rivalutazione delle pensioni di importo superiore a 4 volte il trattamento minimo introdotti dalla legge di bilancio 2023 del Governo Meloni.
Si sono tenute le prime udienze per tutte e cinque le cause. A Palermo e a Bologna, purtroppo, i ricorsi sono stati respinti. Si trattava di due cause relative a pensionati pubblici e dunque i ricorsi sono stati respinti dalle rispettive Corti dei Conti.
A Milano e a Roma, invece, i giudici si sono mostrati aperti alle nostre istanze e hanno fissato nuove udienze. A Milano la nuova udienza è fissata per il 17 dicembre, mentre a Roma è fissata per il 24 gennaio 2025. I ricorrenti sono una pensionata del settore pubblico, quindi Corte dei Conti, nel caso di Milano, e un pensionato del settore privato, quindi Tribunale sezione Lavoro, nel caso di Roma.
Anche a Torino la giudice si è mostrata sensibile alle nostre argomentazioni. Dopo un primo rinvio, si è tenuta la seconda udienza e c’è stato un ulteriore rinvio al 17 aprile del prossimo anno. Il ricorrente in questo caso è un pensionato del settore privato. Abbiamo quindi due cause respinte e tre cause ancora in corso.
Nel frattempo, ci sono state alcune significative novità: la Corte dei Conti sezione Toscana e la Corte dei Conti sezione Campania hanno rinviato alla Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale del taglio della rivalutazione delle pensioni.
Questi due pronunciamenti hanno probabilmente anche orientato le decisioni dei giudici nelle nostre udienze di Milano, Roma e Torino. I giudici infatti, sapendo che la questione di legittimità del taglio della rivalutazione era già stata posta alla Consulta, non hanno voluto rigettare le cause, ma hanno forse ritenuto inutile e faticoso rinviare a loro volta il quesito di costituzionalità alla Corte. Hanno quindi rinviato le udienze, nella speranza che nel frattempo la Corte si pronunci.
In conclusione, è stato raggiunto un primo importante obiettivo.
Come Segreteria nazionale Uilp siamo stati contattati dai promotori delle due cause. Sono dirigenti scolastici in pensione che si sono auto organizzati e con i quali stiamo condividendo alcune informazioni.
Il percorso dunque non è concluso. I tempi sono ancora lunghi, sia per l’iter delle nostre cause, sia per arrivare al pronunciamento della Corte. È chiaro che se la Corte Costituzionale dichiarasse l’illegittimità del taglio alla rivalutazione avremmo raggiunto un grande risultato, che ovviamente avrebbe ripercussioni per tutte le pensionate e i pensionati interessati ai tagli, a prescindere da chi ha promosso le cause.
Nella manovra le cose vanno male anche dal punto di vista fiscale: questa legge di Bilancio non prevede alcuna riduzione delle tasse sulle pensioni a fronte di un intervento positivo, (frutto delle mobilitazioni di Uil e Cgil) del taglio del cuneo fiscale che però riguarda solo i lavoratori attivi. Il taglio del cuneo fiscale, per il 2024, aveva portato un aumento di circa 1.000,00 euro all’anno in busta paga per i lavoratori con redditi fino a 35mila euro.
La misura per il 2025 lascia invariata la situazione per questi lavoratori (per i quali non cambierà nulla nella busta paga di gennaio, nonostante i proclami, questi lavoratori non avranno un euro in più) e va ad incrementare gli stipendi tra i 35.000,00 e il 45.000,00 euro ma non affronta la questione dei pensionati che, ancora una volta, restano fuori dalle decisioni del Governo.
Sulle pensioni italiane gravano il doppio delle tasse della media europea questa situazione non è più accettabile e rappresenta una profonda iniquità e una palla al piede al sostegno della domanda interna. Anche perché il 70% della produzione delle aziende è rivolto alla domanda interna. Senza soldi chi consuma?
Infatti più risorse ai pensionati significherebbe anche un sostegno ai consumi con un beneficio per tutto il nostro sistema economico e produttivo.
Inoltre, è importante sottolineare che siamo tra i fanalini di coda anche per ciò che riguarda la no tax area delle pensioni in cui rientrano i soli percettori di prestazioni annue inferiori a 8.500,00 € lordi circa.
La Uilp continua a chiedere una riduzione delle tasse ai pensionati, su cui grava una pressione fiscale tra le più alte al mondo. La tassazione media sulle pensioni nell’area Ocse, infatti, nel 2021 era del 10% scarso. Per questo la Uilp chiede al Parlamento di intervenire introducendo un significativo taglio delle tasse sulle pensioni già in questa legge di Bilancio.
Questo regime fiscale, oltre ad avere evidenti ripercussioni sull’economia interna, impoverisce e marginalizza coloro i quali il sistema hanno direttamente contribuito a sostenerlo, versando anni di contributi.
Un altro punto che mi preme sottolineare riguarda il recente intervento del governo, che prevede la cancellazione delle detrazioni per i familiari a carico residenti all’estero e una tassa di 600 euro per la cittadinanza, se dovesse venire approvato, introdurrebbe misure altamente discriminatorie che penalizzano in modo diretto i lavoratori stranieri, tra cui migliaia di contribuenti regolari che vivono e operano stabilmente in Italia. Come Uilp riteniamo che questi interventi siano controproducenti: anziché promuovere un’integrazione inclusiva e un modello di sviluppo giusto, creano disuguaglianze sistematiche che mettono in difficoltà proprio coloro che sostengono settori chiave della nostra economia. Come pensionate e pensionati siamo fortemente contrari a interventi di questo tipo perché la sostenibilità, presente e futura, del nostro sistema di welfare e del nostro sistema previdenziale è strettamente correlata all’aumento di buona occupazione regolare e stabile, retribuita in modo adeguato, in ogni settore, per ogni tipo di lavoratrice e lavoratore, sia italiano, sia straniero.
Siamo contrari perché rappresentiamo persone anziane, che sono tra i principali datori di lavoro di colf e badanti, spesso straniere/i. Siamo contrari come categoria, perché oggi cominciano ad andare in pensione lavoratrici e lavoratori di origine straniera arrivati in Italia nei decenni scorsi. Abbiamo già pensionate e pensionati di origine straniera iscritti alla Uilp. Il loro numero è destinato ad aumentare. Dobbiamo essere in grado di tutelare e rappresentare queste persone nel modo migliore, anche raccordandoci con i nostri servizi, a partire dal Caf e dall’Ital. Per questo la Uilp nazionale partecipa già attivamente nel Coordinamento Immigrati della Uil, sarebbe un bene implementare la partecipazione anche a livello regionale.
Un ruolo importante per promuovere politiche inclusive e solidali può essere svolto anche in collaborazione con l’Ada e ci sono già alcuni interessanti progetti in corso di attuazione.
Anche sui capitoli della sanità, la Manovra di Bilancio si rivela totalmente inadeguata. Questa manovra infatti non dà risposte ai temi della salute, della non autosufficienza e della disabilità, si dimentica le persone più fragili della società e rischia di allargare le disuguaglianze anziché contrastarle. Non finanzia adeguatamente la sanità; si dimentica di aumentare le risorse per la non autosufficienza; fa tagli di risorse agli enti locali con il rischio di aumenti di tasse locali e diminuzione dei servizi; reintroduce gli odiosi tagli di spesa lineari per i Ministeri.
Questa Legge di Bilancio a noi sembra più una manovra con la quale il Governo “con una mano dà e con l’altra toglie”. Non si finanzia adeguatamente il Fondo Sanitario Nazionale, con il risultato che rimane l’inciviltà delle liste di attesa e le persone per curarsi devono spendere di tasca propria.
Ricordiamo che nell’ultimo anno 4,5 milioni di persone hanno rinunciato alle cure, 2 milioni di queste perché non avevano soldi. Lo scorso anno le famiglie italiane hanno speso 41,5 miliardi di euro per curarsi, vale a dire 703 euro medi per cittadino, neonati compresi.
Sempre nell’ottica del “ti dò e mi riprendo”, nella Legge di Bilancio si aumenta, per il prossimo anno, di 1,3 miliardi di euro il Fondo sanitario Nazionale, ma contestualmente, si tagliano 430 milioni di euro alle Regioni: è concreto o no il rischio di neutralizzare l’aumento dei fondi per la sanità?
Per la sanità il Governo inserisce un aumento per il prossimo anno di 1,3 miliardi di euro. Sufficienti? Assolutamente no! Queste cifre sono lontane da quanto richiesto dallo stesso Ministro Schillaci e dalle Regioni che chiedevano di adeguare le risorse del Fondo Sanitario Nazionale alla media del PIL dei Paesi più avanzati iniziando da un aumento per il prossimo di almeno 10 miliardi di euro. E invece la spesa sanitaria il prossimo anno scenderà al 6,2% del PIL, quando in Francia è al 10,3%, in Germania al 10,9%, in Spagna al 7,3%. Le risorse stanziate sono insufficienti e coprono soltanto i costi dell’inflazione e dell’aumento della spesa farmaceutica. Con buona pace per il diritto alla salute sancito dalla Costituzione.
Non si abbattono le liste di attesa; sono scomparse le 30 mila assunzioni promesse per far funzionare la riforma della medicina di territorio; non si finanziano adeguatamente i Livelli Essenziali di Assistenza che lo sorso anno sono stati garantiti da sole 10 Regioni.
Addirittura, sulla sanità assistiamo al “gioco delle tre carte” della Presidente del Consiglio, la quale afferma che lo stanziamento pro capite tra il 2019 e il 2025 aumenterà di 398 euro.
Dimentica di dire che è un aumento del 20% a fronte di un andamento dell’inflazione della stessa percentuale. E quando la Presidente Meloni rivendica i record delle risorse sulla sanità la realtà è un’altra: 480 giorni per una visita oncologica; 300 giorni per una TAC vertebrale; 500 giorni per un ecodoppler. Continuano a produrre norme che depauperano la sanità pubblica favorendo il rafforzamento della sanità privata, senza tra l’altro porre delle condizionalità quali i rinnovi dei contratti o pretendere l’applicazione di un contratto unico per la sanità sia pubblica che privata.
Per l’abbattimento delle liste di attesa proseguono a proporre il pagamento degli straordinari al personale in forza al Servizio Sanitario Nazionale pubblico mentre innalzano il tetto di spesa alla sanità privata. Non c’è nessuna delle nostre richieste sottoposte durante l’iter di conversione del Decreto sulle liste di attesa approvato dal Governo prima dell’estate.
Segno evidente che, come avevamo denunciato, quel Decreto era solo una mossa elettorale del Governo in occasione delle elezioni europee e nulla di più. Sulle liste di attesa continuiamo a ribadire che servono almeno due miliardi di euro l’anno vincolati a tale scopo, anche con l’obiettivo di abbattere il tetto di spesa del personale sanitario pubblico.
Chiediamo, inoltre, al Governo di ripensarci e di riaprire in Europa la partita sul MES sanitario che valeva 37 miliardi di euro.
Questa Manovra dimentica completamente anche il finanziamento della non autosufficienza e delle disabilità. Lo stanziamento rimane invariato, per i prossimi anni, a 962 milioni di euro. Assolutamente insufficienti per garantire i servizi previsti dalle Legge di riforma e uniformi su tutto il territorio nazionale.
E dobbiamo utilizzare le risorse dei fondi europei per la sperimentazione dal prossimo anno della prestazione universale. Prestazione che verrà assicurata ad una platea molto ridotta di anziani over 80 anni di età ed un ISEE di 6 mila euro (circa 25 mila persone).
Tra l’altro siamo ancora in attesa dei 18 decreti per Attuare concretamente la Legge. Avere approvato una Legge di civiltà come quella per la non autosufficienza e non finanziarla adeguatamente è totalmente al di fuori da ogni logica.
Tutto ciò equivale a non fare nulla per gli oltre 3,1 milioni di persone con gravi disabilità.
Per l’ennesimo anno ci troviamo di fronte a risorse del tutto insufficienti del fondo nazionale per le politiche sociali che rimane fermo ad uno stanziamento di soli 391 milioni di euro, nonostante quest’anno scada il piano triennale dei servizi sociali e occorra preparare il nuovo piano per il prossimo triennio. Altro che assicurare, come dice la nostra Costituzione, in ogni parte del Paese prestazioni, sostegni e servizi adeguati e uniformi, riducendo le attuali disuguaglianze territoriali.
Anzi siamo già in presenza di divari territoriali e di un antipasto di ciò che significherà l’autonomia differenziata se non la cancelliamo con il Referendum.
Non viene rifinanziato il fondo per il sostegno agli affitti, nonostante lo scorso anno ci siano state più di 113 mila richieste di sfratto, di cui un terzo per motivi di morosità. Anche per il caroaffitti noi avevamo una proposta: il co-housing intergenerazionale che è stato inserito nel Decreto Omnibus ma che è rimasto lettera morta.
Nessuna menzione nella manovra di bilancio anche della nostra proposta sul Servizio civile anziani attivi. Ogni volta che ci confrontiamo con le istituzioni tutti ci dicono che è una buona idea, ma poi nessuno pensa seriamente ad applicarla. Sarebbe invece un modo per permettere alle persone anziane che possono e lo desiderano di svolgere attività a loro gradite a servizio della comunità. In questo modo potrebbero anche integrare le basse pensioni. È sbagliato dare i lavori socialmente utili ai giovani, abbiamo visto che si sono trasformati in una fabbrica di precarietà. Ai giovani va dato lavoro stabile e ben pagato.
Il Governo decide anche di fare cassa con il gioco d’azzardo. Viene istituita un’estrazione settimanale aggiuntiva per il Lotto e il Superenalotto e vengono prorogate le concessioni per le sale da gioco. Altro che mettere in campo politiche serie per il contrasto alla ludopatia, triste fenomeno che coinvolge una larga fascia di popolazione anziana.
Questa Manovra poi non è una manovra per le donne, tantomeno per le donne anziane e pensionate, di cui si ignorano le specificità. Non c’è nulla per colmare il divario pensionistico di genere (arrivato ormai al 35%), non ci sono politiche per promuovere la parità di genere. Noi alla Uilp crediamo fortemente nella parità di genere, da promuovere dentro e fuori della nostra organizzazione. In questi mesi stiamo realizzando un progetto promosso dal Coordinamento nazionale pari opportunità per ampliare il coinvolgimento delle donne della Uilp nella vita sindacale e associativa della nostra organizzazione e rafforzare la nostra azione rivendicativa in una ottica di genere. Abbiamo dato vita a 3 gruppi di lavoro, destinati alle Responsabili regionali del Coordinamento PO Uilp, che riguardano: l’educazione finanziaria, la contrattazione territoriale, l’identità delle donne anziane oggi. Parallelamente, stiamo anche realizzando un progetto formativo nazionale sull’educazione finanziaria, rivolto a un maggior numero di donne Uilp.
L’obiettivo di questo progetto articolato è: coinvolgere, costruire, rivendicare, condividere, fare rete, fare proselitismo. E trasferire le esperienze e le conoscenze acquisite sui territori. Come Uilp, rivendichiamo il diritto delle donne anziane a essere protagoniste delle proprie vite. Protagoniste consapevoli per quanto riguarda le scelte finanziarie. Protagoniste del proprio tempo di vita. Protagoniste della storia e della memoria. Protagoniste nel rivendicare il diritto a invecchiare attive e in buona salute.
Per tutti questi motivi e per molti altri, la Uilp parteciperà con convinzione allo sciopero generale indetto da Uil e Cgil il prossimo 29 novembre. I pensionati non possono fare sciopero, al massimo quello della fame, ma ad affamarci ci pensa già il Governo. Possiamo però scendere in piazza al fianco delle lavoratrici e dei lavoratori. Non solo per solidarietà, ma anche per interesse, perché lavoro povero oggi significa pensione povera oggi e domani.
Queste sono considerazioni contenute nella nostra piattaforma unitaria che, come abbiamo sempre detto, è il faro delle nostre rivendicazioni. Non saremo soddisfatti finché non otterremo risposte.
Roma, 7 Novembre 2024