Questa iniziativa arriva quanto mai tempestiva in Lombardia perché la situazione è molto critica e di grande preoccupazione
Il sindacato Lombardo ha iniziato a porre interrogativi alla Regione sulla programmazione con grande anticipo rispetto alla situazione dei vaccini antiinfluenzali: era estate ed era arrivata la notizia della necessità che anche gli over 60 venissero vaccinati, ma soprattutto era ormai chiaro quanto la vaccinazione sarebbe stata utile nella battaglia al Covid 19 , al fine di non sovrapporre né confondere la sintomatologia. Erano queste le direttive del Ministero della salute.
Quindi il sindacato in ripetute occasioni e in diverse sedi ha posto domande e atteso risposte.
Le polemiche sono iniziate subito perché i dati forniti dalla Regione sulle ordinazioni non combaciavano e non combaciano con i numeri delle persone che dovrebbero essere vaccinate nel 2020, calcolando appunto anche l’inserimento degli over 60 tra i destinatari. Il Ministero della salute indicava nel 75% della popolazione cosiddetta fragile, l’obiettivo da raggiungere con la vaccinazione, mentre sembra che la Regione riuscirà a coprire solo il 66% (GIMBE).
Il sindacato ha sempre portato avanti campagne di sensibilizzazione della platea degli anziani e dei fragili per una maggiore attenzione alla prevenzione, di cui le vaccinazioni fanno parte.
Tanto per ricordarci dell’importanza della prevenzione, sappiamo che è uno dei cavalli di battaglia delle politiche di “invecchiamento attivo”, tanto pubblicizzate dall’OMS (il 2020/2030 sarà il decennio dedicato all’invecchiamento attivo tra l’altro) e quindi il sindacato si è mosso per tempo rispetto all’inizio della campagna vaccinale che doveva cominciare a metà ottobre.
Le scadenze annunciate dalla Regione per la vaccinazione erano dalla terza settimana di ottobre pazienti fragili e le donne in gravidanza, da novembre, il turno degli over 65 , a seguire gli operatori sanitari e i bambini fino al sesto anno, di età, infine gli over 60 sani.
Ma il totale dei vaccini ordinati (l’assessore Gallera ha annunciato un’ordinazione di 1 milione e 900mila dosi) non risultava sufficiente rispetto alla popolazione destinataria, infatti solo gli over 65 sono oltre 2 milioni e 200 mila in Lombardia, cui vanno ad aggiungersi le altre tipologie di destinatari.
Inoltre, in ogni cittadina lombarda la presenza di over 65 è molto elevata in rapporto alla popolazione e quindi il tema della prevenzione richiede una diffusione capillare della vaccinazione in tutta la regione. Perché se è vero che è Lecco la città con il massimo numero di over 65 (il 42%) ovunque le percentuali sono alte. Quindi, non soltanto il numero di vaccini acquistati è stato insufficiente, ma è mancata anche una programmazione efficace della distribuzione.
Il fabbisogno quindi sembra essere di circa 3milioni e 900mila dosi, a fronte di 1 milione e 900 mila ordinazioni annunciate a luglio dalla Regione per poi assistere ad un susseguirsi di numeri che rispondevano più agli attacchi della stampa che non ad un intervento risolutivo reale.
Oggi la prima domanda che il sindacato si pone è come mai, pur sapendo della situazione particolare in cui si trova la Lombardia, a causa dell'aumento dei contagi da Covid-19, non si sia provveduto ad ordinare un quantitativo di vaccinazioni adeguato per tempo. Il rischio è di non accessibilità da parte di molti fragili, a cui si aggiunge la fascia 60-64 anni che rischia di restare scoperta.
Siamo anche preoccupati per i ritardi di consegna delle aziende produttrici ingaggiate (ci ricordiamo tutti dei diversi bandi di Aria per l’acquisizione dei vaccini andati deserti per il prezzo troppo basso) e sui costi che non sono mai stati trasparenti.
Inoltre è inquietante anche la decisione adottata dalla Regione nelle collaborazioni fra pubblico e privato, rispetto all’esclusione dalle vaccinazioni per personale sanitario che opera nel privato. Contrariamente al passato e in contraddizione con l’orientamento di collaborazione pubblico privato, il 17 agosto la Regione in una circolare dice “ In merito agli operatori sanitari del privato accreditato al momento non è prevista la fornitura di vaccino da parte del SSN ma le aziende devono provvedere autonomamente» aumentando il rischio che la campagna vaccinale abbia un impatto troppo limitato rispetto a quanto auspicato e mostrando disinteresse per la tutela di questi lavoratori che, secondo anche quanto da loro dichiarato, sono stati e sono fondamentali nell’affiancare la sanità pubblica nella lotta al covid 19.
La situazione è quindi critica fin da subito.
Anche il comportamento non omogeneo dei MMG pone altre domande alle istituzioni: consegne insufficienti ai medici di base, comportamento difforme da parte degli stessi tra chi assicura che vaccinerà i propri pazienti, chi non lo farà per molteplici ragioni, chi lo farebbe ma non ha i vaccini o gli spazi adeguati a disposizione.
E così si arriva alla situazione attuale e sui cui chiediamo ai nostri ospiti un contributo:
La rabbia cresce insieme alla sensazione di incertezza, che viene misurata da i vari enti che monitorano lo stato d’animo della popolazione, e, ci dicono, raggiunge il 23%.
Lo scaricabarile fra istituzioni- regioni- governo- Comuni- ordine dei medici- ATS è inaccettabile ed aggiunge sconcerto e appunto rabbia che a volte sembra sia strumentalmente cavalcata per fini di contrapposizioni politiche che non hanno lo scopo di migliorare lo stato della sanità in Lombardia, ma piuttosto sembrano una strizzatina d’occhio a qualunque forma di protesta.
Però, mentre una larga fetta della popolazione è in ansia per questa situazione di incertezza, si profilano all’orizzonte gli interventi della sanità privata, che ha iniziato a vaccinare a pagamento. Le cifre stanno tra i 40 e i 60 euro, e, come per i tamponi, basta prenotarsi e presentarsi all’ora stabilità. Ma ci si chiede come mai il privato è puntualmente in possesso dei vaccini che la Regione non sembra avere a disposizione ora e forse anche in seguito (tralasciamo lo scandalo delle mancate forniture alle farmacie, che sono un riferimento importante di prossimità al cittadino e avrebbero potuto calmierare i costi di una vaccinazione fatta in strutture private!).
Le ragioni della nostra preoccupazione sono tante come si può vedere e non solo rispetto all’esposizione al rischio per gli anziani, alla qualità del servizio offerto dalla sanità pubblica, alla coerenza delle affermazioni della Regione ed al conseguente stato di incertezza in cui vivono oggi gli anziani in Lombardia, ma soprattutto rispetto alla considerazione in cui viene tenuta questa fascia già debole della popolazione, su cui non devono gravare le disfunzioni, che disvelano non solo un deficit organizzativo ma una scelta politica di scarso impegno nel garantirne tutele e diritti.